Quella “romanità” che a Roma ancora esiste

Curiosando sul profilo Instagram di Rione Roma, siamo rimasti sorpresi dalle foto di Edgardo Cerruto.

Il progetto Rione Roma del quale abbiamo parlato altre volte qui su Piuvolume, è attivo con un processo che come si legge sul sito:

vuole raccontare il quartiere attraverso le parole dei suoi abitanti e frequentatori, dare visibilità agli aspetti insoliti e inaspettati, recuperare la poesia degli spazi quotidiani amplificare i passi di cittadinanza attiva: sono molte le “visioni” possibili e Rione Roma si occupa proprio di questo, di mostrare l’arte nascosta dei quartieri secondo la sua declinazione più contemporanea.

rioneroma.it

Come dicevamo, attraverso gli scatti emergono volti e le parole di protagonisti inattesi, la “romanità” di un tessuto urbano che ancora esiste. Noi di PiuVolume lo abbiamo chiesto direttamente al fotografo autore delle belle immagini, ecco com’è andata. 

Ciao Eddy, raccontaci di queste foto, contrariamente al solito centro “da cartolina”, emerge una Roma autentica e viva, è così che l’hai trovata?

Personalmente mi piace la fotografia di strada, e nello specifico incontrare gente. Non è sempre così e non è facile, occorre pazienza, empatia ed entusiasmo nel volere ascoltare le storie che i soggetti vogliono raccontare. Queste fotografie sono state scattate in diverse giornate a fine aprile nel rione Ponte, piazza San Simeone, via dei Coronari e dintorni. Ho conosciuto tante persone, che hanno reso, attraverso le loro storie, ancora più vivo il momento storico che stiamo vivendo. Sono arrivato in “piazzetta”, così la chiamano le persone che la vivono, in un giorno in cui eravamo ancora zona arancione o gialla, non ricordo bene, ma ricordo perfettamente, la mia percezione alla visione di tutto ciò, una Roma chiusa, in “attesa a tempo indeterminato”, del segnale per la ripartenza. Loro: Nino, Antonio, Nicola, Yarech, Massimo e Paolo, erano li a chiacchierare, serenamente e sorseggiare un bicchiere di vino. Mi hanno invitato a sedermi e così è cominciata la nostra conoscenza. 

I volti dei protagonisti raccontano un vissuto denso, eppure le foto trasmettono molta allegria, ci vuoi dire qualche parola su questo?


Ognuno di loro ha un bel trascorso e storie da raccontare. Nino, conosciuto anche come Jonathan, è un vero pezzo di storia del rione. Anni fa aveva un Pub a piazza del Fico. E’ conosciuto praticamente da tutti, chiunque passa ha un ricordo e una storia da raccontare su di lui. Antonio, artista di strada, racconta i tempi che furono del Rione. Negli anni ’60 e ’70 società immobiliari cominciarono ad acquistare appartamenti per ristrutturati ristrutturarli e rivenderli. Racconta dei momenti belli, di quando i ristorati facevano 60/100 coperti al giorno.Chiedo delle loro opere, sempre Antonio, mi dice che non hanno solo opere create da loro, ma anche di altri artisti, più o meno noti, artisti che hanno fatto anche mostre importanti. Nicola, artista di strada, ex fotoreporter, scattava a pellicola. Con lui, attratto dalla mia macchina fotografica, parliamo di fotografia, di come una foto dovrebbe sintetizzare un momento e richiede anche uno sforzo culturale.

Una curiosità, so che ti hanno preparato l’amatriciana, com’era?


L’amatriciana è arrivata l’ultimo giorno che sono andato a fotografare, non l’avevan preparata per me, ma visto l’orario, dove si mangia in 4, si mangia anche in 5, così mi hanno invitato a sedermi. E’ stata un’esperienza straordinaria, mi è sembrato per un attimo di essere dento una scena di un film di Alberto Sordi. Come documentano le foto, un piatto di pasta, un bicchiere di vino, persone con cui scambiare quattro chiacchiere in allegria e la felicità è servita.

Puoi trovare altre foto e parole su rioneroma.it

di redazione PiuVolume