Magazine, eccone uno per la creatività europea

I Maneskine hanno appena vinto l’Eurovision Song Contest, e così ci scopriamo più europei. Per tutti quelli che sulle ali dell’entusiasmo volessero continuare ad alimentare il loro spirito comunitario segnaliamo questa nuova rivista.

Si tratta di The European Review of Book, risultata meritevole del fondo messo in palio dall’European Cultural Foudation, è una rivista sia cartacea che online come spiega uno dei curatori:

Il nostro impegno è per una cultura letteraria al di là della nazione e della metropoli. Vogliamo una rivista di grandi saggi originali e di grande critica, in inglese e nella lingua madre di uno scrittore. Siamo approdati a quell’approccio alla lingua abbastanza presto: il bilinguismo strategico. È strategico in quanto non c’è altro modo per farlo. Ma segna anche un impegno più grande: dare alla buona scrittura quella doppia forma, e farla risuonare dentro e fuori luoghi particolari.

George Blaustein, uno dei promotori della European Review of Books

Dalla rivista vi parliamo di due approfondimenti.

Il primo a cura di Marta Barone, scrittrice italiana, che ci racconta l’affascinante storia dell’autrice Marina Jarre.

“Era l’estate del 2009. Mi era capitato per caso fra le mani l’ultimo libro pubblicato con Einaudi, Il silenzio di Mosca, quando Marina Jarre aveva già più di ottant’anni. Non avevo mai sentito prima il suo nome. Era una piccola raccolta di personal essays molto particolari, che mi hanno immediatamente colpita. Nonostante fosse un libro finale, minore, ho trovato una scrittura magnifica, atipica, inaspettata. Una vera sorpresa. Nel corso degli anni, ho recuperato gli altri suoi libri, quasi tutti ormai fuori catalogo: erano tutti bellissimi, che si trattasse di romanzi o nonfiction autobiografica. Non capivo come potesse essere accaduto che una scrittrice così straordinaria e originale, che con ogni evidenza, di libro in libro, mi appariva una dei più grandi del secondo Novecento italiano, fosse scomparsa dalle librerie e dalla memoria letteraria del paese.”

Marta Barone da “Lei non risparmia niente” su European Review of Books

Il secondo “Only stupidity is hereditary” di Werner Sollors. E’ una intrigante disamina del celebre acquaforte di Francisco Goya del 1799

Museo del Prado Goya Asta su Abuelo

Come vediamo in foto, c’è una specie di albero genealogico, con otto file di diciassette asini in piedi. In cima alla pagina di sinistra c’è l’unico antenato dal quale il nostro asino seduto deve orgogliosamente tracciare la sua discendenza. Sulla scrivania è apposto lo stemma di un asino. Essere orgogliosi degli antenati, ci dice l’immagine, anche se il discendente di una nobile stirpe di asini è pur sempre un asino.

Ma, suggerisce l’autore che traduciamo di seguito dall’articolo:

potremmo prendere questa immagine come qualcos’altro: un commento al desiderio umano di conciliare immagine e testo. Possiamo anche prenderlo come un promemoria per i lettori umani che la nostra lingua scritta ha avuto origine da precursori pittorici. O che quando scrutiamo un libro, un dipinto o una genealogia, spesso troviamo ciò che era già nelle nostre menti. “Asta su abuelo” potrebbe essere interpretato anche come un rifiuto dell’immagine di ritrarre un passato veramente diverso dal presente: i presunti antenati del passato si somigliano tutti, del resto, e somigliano molto al loro discendente asino seduto nel presente pittorico, a parte l’assenza di vestiti.

“Only stupidity is hereditary” di Werner Sollors su European Review of Books

Una serie di affascinati interpretazioni, cui non possiamo esimerci. Possiamo infatti suggerire che questa immagine della genealogia dell’asino e dei suoi antenati sia la sintesi di come il processo di rappresentazione di noi stessi ci oggettivizza, ci trasforma, ci emancipa.

di redazione PiuVolume