Vetrine museali, una riflessione critica attraverso l’arte

Il MUDEC (Museo delle Culture) di Milano presenta, fino all’8 settembre il progetto “Esposizione”, incentrato sulla riflessione sulla visualizzazione pubblica delle opere d’arte e, in particolare, sulla vetrina, che è praticamente sinonimo di museo europeo. Questo problema diventa particolarmente acuto e diverso quando si tratta di collezioni etnografiche, come quelle del MUDEC.

Il progetto rompe le tradizionali strutture spaziali e temporali della mostra e si sviluppa in diversi episodi: a ottobre 2023, nello spazio centrale del museo progettato dagli architetti David Chipperfield, l’artista messicana Marianna Castillo Deball (nata nel 1975) ha creato una nuova installazione su larga scala composta da 7 elementi basati sullo studio e sull’interpretazione degli artefatti tessili della collezione del MUDEC. A causa della loro fragilità e delle loro condizioni specifiche, nonché della loro frammentazione iniziale, escono raramente dalla conservazione e il gesto di Deball di ridimensionarli, creare una visibilità estrema e “catturare” l’atrio di vetro diventa un importante punto di riferimento per l’intero progetto.

Mirando a cambiare i percorsi abituali all’interno del museo stesso, il secondo episodio di Esposizione si sviluppa nella collezione permanente del Museo Etnografico attraverso una serie di interventi dell’artista video e cineasta Theo Eshetu (nato nel 1958). Soprattutto per l’esposizione, Eshetu ha creato l’installazione video multicanale Crocodile on a ceiling, in cui interpreta in modo personale il fenomeno delle Wunderkammern.

Il nucleo del progetto e un altro episodio si sviluppa nelle sale delle mostre temporanee ed è legato a una serie di domande sulla storia e l’essenza della vetrina nel museo e soprattutto in quello etnografico. Come l’architettura della vetrina stessa determina l’esposizione degli oggetti, come si formano le tradizionali classificazioni e tassonomie europee e fino a che punto sono in grado di riflettere i contesti e le origini originali degli oggetti. Le vetrine nello spazio, gentilmente fornite da varie istituzioni pubbliche italiane per l’esposizione, diventano “contenitori” all’interno dei quali la logica delle tassonomie europee viene portata al suo limite assurdo. La vetrina viene anche interpretata come un deposito di oggetti preziosi, ma l’esposizione propone molte risposte diverse alla domanda su cosa consideriamo prezioso, cosa è responsabile della nostra percezione del “valore”?

Scambiando logicamente la prospettiva storica con una contemporanea, il progetto continua a esplorare le forme di vita della vetrina nel museo contemporaneo e nella pratica degli artisti contemporanei. Il mobile di Mark Dion (nato nel 1961) con oggetti di vetro trovati in una laguna veneziana o la vetrina di Damien Hirst (nato nel 1965) con mozziconi di sigarette all’interno (Dead Ends, 1994). Fino a che punto la vetrina come struttura spaziale e ideologica determina la nostra percezione, fino a che punto svolge solo una funzione di conservazione e quando è possibile superarla?

A tal proposito, il momento culminante finale è un nuovo lavoro dell’artista italiana Monia Ben Hamouda (nata nel 1991), che è essenzialmente un manifesto e invita lo spettatore a guardare oltre il museo e la convenzione museale e ci restituisce simbolicamente alle sensazioni fisiche degli oggetti nella collezione.

L’esposizione è arricchita anche da un ricco programma di eventi che ci permettono di riflettere su alcuni dei concetti chiave della mostra.

Grazie alla collaborazione con il Getty Conservation Institute (GCI) di Los Angeles, il MUDEC ospiterà il simposio internazionale “Arte pubblica dentro e fuori” (7-8 maggio 2024), che si concentrerà su temi legati all’arte pubblica: tra questi il ruolo dei piedistalli nella monumentalità.

Infine, il progetto “Esposizione” sarà presentato nel secondo numero della rivista “MU—MUDEC United”, che proporrà articoli approfonditi sul tema.

immagini e info dal sito