Ripensare la Natura, al Museo Madre di Napoli

C’è tempo fino al 2 maggio per visitare il Museo Madre di Napoli e poter fruire della mostra multidisciplinare sui temi dell’ecologia, della sostenibilità e della contemporaneità a cura di Kathryn Weir con più di 50 opere realizzate da oltre 40 artisti.

Si tratta di Rethinking Nature, ancora una volta l’arte attraverso la sua natura culturale e politica ci invita a riflettere e ad agire.

L’accelerazione del riscaldamento globale, l’innalzamento dei mari, l’estinzione in massa di numerose specie, recenti anomalie meteorologiche, gli incontrollabili flussi e infiltrazioni di tossicità: questa situazione in costante aggravamento non può essere separata dal paradigma europeo moderno che concepisce la natura come un serbatoio di risorse da sfruttare liberamente per il profitto. Rethinking Nature rivela come l’arte contemporanea stia contribuendo a una serie di processi culturali e politici in grado di ripensare collettivamente i fondamenti etici dell’esistenza nel mondo, facendo luce sulle forme di interconnessione che legano l’intero pianeta. Il progetto articola dei vocabolari creativi sperimentali volti a produrre forme alternative di conoscenza e di pratica sociale incentrate sull’ecologia politica, dimostrando l’urgenza di costruire relazioni basate su valori nuovi e di attuare un cambiamento radicale per affrontare una crisi che da tempo è presente in molte geografie e che la teorica Elizabeth Povinelli di Karrabing Film Collective definisce “ancestrale”. Lo scrittore indiano Amitav Ghosh ci ricorda nel suo libro La grande cecità: Il cambiamento climatico e l’impensabile (2016), che “i popoli indigeni hanno già vissuto la fine del mondo e hanno trovato il modo di sopravvivere”. Sono loro ad aver vissuto per primi la crisi climatica: “agricoltori, pescatori, Inuit, popoli indigeni, popoli delle foreste in India, hanno già dovuto adattarsi, principalmente spostandosi, trovando nuovi mezzi di sussistenza”, scrive Ghosh. 

dal sito Museo Madre di Napoli

Il percorso della mostra parte da analizzando le radici storiche e filosofiche di una visione della natura, come nemica su cui imporsi e come fonte di guadagno di cui appropriarsi.

Adriana Bustos, e il Karrabing Film Collective ad esempio tracciano delle iconografie relative alla sistematizzazione delle relazioni fra esseri viventi; di come nel tempo le rappresentazioni estetiche sono diventate tassonomie. Sguardi coloniali e cartografie di affermazioni e appropriazioni di territori, popoli e destini.

Proseguendo il percorso di mostra, arriviamo al giorno d’oggi, e vengono illustrate pratiche attuali di sfruttamento delle risorse naturali.

Con le sue sculture, Giorgio Andreotta Calò indaga la nozione di “risorsa” per affrontare le ripercussioni ecologiche e sociali dei processi estrattivi. L’installazione “Produttivo” comprende una serie di carotaggi ottenuti dall’archivio della Carbosulcis S.p.A., ultima azienda attiva in Italia nell’estrazione del carbone, le cui attività sono state interrotte nel 2017. L’artista ecuadoriano Adrián Balseca indaga lo sfruttamento delle risorse naturali e del lavoro in Sud America in relazione allo sviluppo dell’industria della gomma nell’Amazzonia nei secoli XIX e XX, quando gli europei si resero conto delle potenziali applicazioni dei derivati dell’albero, già utilizzati dalle popolazioni indigene. 

dal sito

C’è spazio anche per progetti artistici che invece illustrano e immaginano risposte alla crisi ecologica affermando una responsabilità collettiva e promuovendo un nuovo concetto di giustizia climatica. 

Ed altri che ci sussurrano di una spiritualità ancestrale fatta di guarigioni e i saperi tradizionali. Un appello che comprende quindi anche relazioni con l’ambiente e il pianeta che implichino gli ecosistemi invisibili.

Intelligenza delle rocce, dell’acqua, delle piante e degli animali. Come ad esempio l’opera di Buhlebezwe Siwani, “AmaHubo”, testimonianza attraverso linguaggi performativi e corporei, della resilienza delle pratiche spirituali connesse alla terra. 

Elenco degli artisti:

Maria Thereza Alves (Brasil) / Giorgio Andreotta Calò (Italia) / Alfredo & Isabel Aquilizan (Pilipinas) / Adrián Balseca (Ecuador) / Gianfranco Baruchello (Italia) / Adriana Bustos(Argentina) / Sebastián Calfuqueo Aliste (Wallmapu/Chile) / Cao Minghao & Chen Jianjun (中国) / Jimmie Durham (USA) / Denise Ferreira da Silva & Arjuna Neuman (Brasil/ Deutschland) Fernando García-Dory & INLAND (España) / Ximena Garrido-Lecca (Perú) / Gidree Bawlee – Kamruzzaman Shadhin – Salma Jamal Moushum (বাংলাদেশ) / Edgar Heap of Birds (Cheyenne and Arapaho nations) / Karrabing Film Collective & Elizabeth Povinelli (Emmi, Mentha, Wadjigiyn, Kiyuk and Malakmalak countries/USA) / Sam Keogh (Ireland) / Francois Knoetze (South Africa) / Elena Mazzi (Italia) / Ana Mendieta (Cuba) / Marzia Migliora (Italia) / Jota Mombaça & Iki Yos Piña Narváez (Brasil/Venezuela) / Sandra Monterroso (Guatemala) / Niccolò Moronato (Italia) / Tabita Rezaire & Amakaba (Guyane) / Zina Saro-Wiwa (United Kingdom/Nigeria) / Karan Shrestha (नेपाल) / Buhlebezwe Siwani (South Africa) / Yasmin Smith (Australia) / Ivano Troisi(Italia) / Tricky Walsh (Australia) / Zheng Bo (香港) 

immagini dal madrenapoli

di Pierpaolo Fabrizio Redazione PiùVolume