Farm Cultural Park. L’anima artistica di Favara

A Favara, nel lato più a sud della Sicilia, tutto ci si aspetta di trovare meno che un centro sperimentale di arte contemporanea.

Passando in Sicilia si è effettivamente sommersi dalla quantità di posti da vedere, cose da mangiare, esperienze da fare, ma trovare un po’ di tempo da trascorrere in un posto così inusuale e inaspettato è altrettanto importante, ne vale la pena, davvero. È gia di per sé un’esperienza raggiungere il Farm, inerpicarsi per le stradine di Favara inondata dal sole, sentire l’odore di un paese antico, misto a quello di cibo che proviene da chissà dove. Il percorso è un viaggio dentro se stessi, specie per chi in Sicilia ha affetti. È un misto di sensazioni concentrate, mescolate al sole e al mare che circonda l’isola.

Il centro storico di Favara, in tempi passati ma non troppo remoti, era suddiviso in cortili, agglomerati di case che nella loro architettura impossibile finivano per creare corti interne irregolari quanto inaspettate, in cui i raggi di sole si infilavano per asciugare i panni stesi da un lato all’altro. La modernità ha in parte spazzato via le tracce di questo sconsiderato modo di costruire, ne rimangono solo alcuni esempi nella parte alta della cittadina. Superando la grande Piazza Cavour, alberata, dietro palazzi nobiliari e proseguendo su per strade in salita, si percepisce che qualcosa sta cambiando, tracce sui muri di street art, volta non al vandalismo ma alla decorazione, dettagli architettonici rivitalizzati dal colore, questo cambiamento di atmosfera è significativo perche in qualche modo risulta propedeutico a quello che arriverà.

Non è facile contestualizzare il Farm, trovargli un posto nell’intricato percorso storico di Favara, ciononostante è lì, del tutto integrato nel tessuto urbano di cui ormai è parte integrante.

È formato dai Sette Cortili, alcuni dei quali di matrice araba, collegati dalle antiche case e dagli abitanti. La cosa interessante, e anche sorprendente, è che in alcuni di questi palazzetti abitano come se nulla fosse le zie residenti, così chiamate dalla fauna del Farm, un appellativo familiare per chi si trova a vivere a stretto contatto giorno dopo giorno. In effetti visitando gli spazi si ha l’impressione di entrare in un contesto privato, a casa di zia appunto, perché l’atmosfera risulta molto particolare: si entra da una stradina, Cortile Bentivegna, ed è come entrare in un altrove così vicino e allo stesso tempo diverso da rimanere esterrefatti, non c’è una porta, o un’entrata imponente, si passa in maniera naturale dalla strada di passaggio per le auto a un posto misterioso quasi.

I Sette Cortili del Farm nascono dalla passione di Andrea e Florinda, giovane coppia di professionisti che nel 2010 ha deciso di investire il proprio tempo e i propri fondi per creare qualcosa di buono, per generare un piccolo ma importante cambiamento nel territorio a cui sono legati.

Iniziano quindi con il recupero dei primi due palazzotti dei Sette Cortili, in maniera veloce e in anticipo sui tempi che avevano stabilito, anche perché incombe sempre il rischio di un blocco dei lavori e della distruzione del piccolo borgo antico. A giugno del 2010 inaugurano e effettivamente danno vita a un vero e proprio centro culturale indipendente, di nuova generazione, aperto alla tecnologia e al futuro.

Oggi, ad anni di distanza e dopo essere sopravvissuto a tagli, ordinanze comunali avverse, ristrutturazioni e cambiamenti urbani, l’esperienza del Farm rappresenta quasi un unicum in contesto siciliano. È diventato centro nevralgico di artisti di ogni genere e di turisti, che arrivano da ogni parte per visitare spazi cosi particolari e allo stesso tempo cosi integrati nel tessuto urbano.

Se andrete al Farm, specie in estate, ci troverete gente, artisti e non, curiosi e residenti, mostre, eventi di cinema e di editoria, presentazioni di libri e inaugurazioni. Per una volta quando parcheggerete la macchina e scenderete, non avrete l’impressione di essere guardati con circospezione dai residenti, cosa che spesso capita in comunità piccole e non abituate al turismo, non si chiederanno perche siete li, lo sano già il motivo della visita e ne sono contenti.

Tutto in questo spazio è aperto e chiuso allo stesso tempo. Le aree espositive e le residenze per artisti si alternano a ristoranti e bar, i cortili sono vivi, respirano l’esistenza delle persone che li attraversano e questo si sente.

Se andrete al Farm chiedete il permesso di salire nelle terrazze dei palazzotti. Le terrazze rappresentano quel qualcosa in più importante sia a livello prospettico architettonico, sia espositivo. Il punto di vista sopraelevano vi farà scoprire angoli che passeggiando al piano strada non potreste vedere, installazioni e murales concepiti per essere visti dall’alto, e vi farà rendere conto di come Favara sia costituita da un dedalo di stradine incrociate e complesse come un labirinto.

Farm è integrazione, indipendenza e innovazione, arte e cultura, affrancamento dall’illegalità e dalla burocrazia paludosa.

Un’oasi di arte contemporanea in cui trova posto anche una scuola di architettura per bambini, la SOU; la sua carica creativa ha finito per contagiare tutto il paese. Oggi Favara vive anche di turismo, Piazza Cavour da spazio desolato è passata ad essere ritrovo serale per giovani favaresi e delle città limitrofe, compresa Agrigento. L’impatto che ha avuto questo esperimento, riuscito, è stato veramente enorme per l’economia e la riqualificazione cittadina.
Non sempre è impossibile conciliare innovazione, arte e tradizione architettonica, questo è un esempio felice.

By Liliana Spadaro