La guerra e il suo significato da un punto di vista culturale

Inaugurata la scorsa settimana e aperta fino al Novembre 2023 presso il Castello di Rivoli la mostra “Artisti in guerra” che presenta oltre 140 opere di artisti che furono o sono in guerra. Le loro opere esprimono empatia e complessità, inquietudine, ma anche grande umanità.

Al di là delle sue cause politiche ed economiche, al di là della sua condanna pacifista o della sua giustificazione come male minore ma necessario, la guerra e il suo significato (o non significato) è visto in questa mostra da una prospettiva culturale che include arte e filosofia.

I recenti conflitti internazionali ci hanno portato a creare una nuova mostra che indaghi il significato della guerra, per chiederci come gli artisti elaborano la violenza organizzata della guerra, con i suoi eserciti, strategie e tattiche. Ne evidenziano l’orrore e l’inesplicabilità, sospesa com’è tra calcoli razionali, da un lato, e totale imprevedibilità, dall’altro.

La mostra occupa l’intero piano superiore del Castello di Rivoli dove furono ospitate le guarnigioni militari fino alla fine della seconda guerra mondiale, ben prima che il castello diventasse il primo museo d’arte contemporanea in Italia nel 1984.

La mostra prende spunto dalla nota serie di acqueforti con acquatinta e puntasecca, Disasters of war, 1810-1815 (1 ed. 1863), che Francisco Goya (Fuendetodos, 1746–Bordeaux, 1828) non volle mai pubblicare durante la sua tutta la vita, ad eccezione di alcune prove d’artista tenute segrete, per timore di censura o di cadere in disgrazia presso i tribunali.

Rahraw Omarzad è un artista e figura chiave della scena culturale afgana dai primi anni 2000, che ha trovato asilo in Italia nell’ottobre 2021 dopo il ritorno al potere dei talebani. Si è poi trasferito in Germania, dove ora vive. Per questa mostra, ha collaborato con l’Esercito Italiano per far esplodere vernice e dinamite su una base militare piemontese più solitamente dedicata alla rimozione di ordigni inesplosi rimasti nel paesaggio dalla seconda guerra mondiale. Ha anche girato un nuovo video in un rifugio antiaereo sotterraneo di Torino, costruito nel 1943.

Nikita Kadan è un artista ucraino che vive tra Kiev e Bucha. L’ho chiamato pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. Ha risposto da uno spazio a Kiev, situato in un ex rifugio antiaereo del periodo sovietico che era stato ristrutturato in una galleria d’arte sotterranea di un cubo bianco. Per Artisti in guerra ha realizzato una nuova seconda versione di Shelter, una scultura architettonica a due piani realizzata per la Biennale di Istanbul del 2015, un anno dopo l’invasione del Donbass. Il nuovo Shelter II è ancora una volta a due piani, con libri nella parte superiore che suggeriscono come proteggere i salotti dai vetri delle finestre in frantumi durante i bombardamenti, e sporcizia sui muri della metà inferiore, associando l’esperienza di vivere in un rifugio con essere sepolto vivo.

L’essere si rivela al pensiero filosofico come la guerra: nel contrasto tra la finitezza della morte – più evidente nella guerra perché diventa una parte così grande della vita quotidiana – e l’illimitata incommensurabilità dell’esistenza.

La vita in tempo di guerra è questo intervallo dilatato tra la vita e la morte. Attraverso l’arte, alcuni artisti in tempo di guerra trovano il modo di sottrarsi al pensiero avversario e di espandere all’infinito il tempo e lo spazio, anche nella vita di tutti i giorni.

Si ringraziano Andrea Ruben Levi, Francesca Thyssen-Bornemisza e Giuliana Setari per il loro sostegno alla mostra.